“Revolutija”, la costellazione delle avanguardie russe
Al Mambo di Bologna una mostra dedicata a uno dei capitoli più importanti e radicali del modernismo
La mostra “Revolutija: da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky. Capolavori dal Museo di Stato Russo di San Pietroburgo”, allestita dal 12 dicembre al 13 maggio al Mambo - Museo d'Arte Moderna di Bologna, racconta il periodo delle avanguardie russe, gli anni 1910-20, uno dei capitoli più importanti e radicali del modernismo, che ha visto nascere come in nessun altro momento della storia dell’arte scuole, associazioni e movimenti diversi: dal Primitivismo al Cubo-futurismo, dal Suprematismo al Costruttivismo. L’evento è prodotto e organizzato da Cms.Cultura con il Comune grazie alla collaborazione col museo russo; il catalogo è pubblicato da Palace Edition/Skira. In varie sedi della città, inoltre, si svolgerà un ricco programma collaterale cui parteciperanno l’Università degli Studi di Bologna e le principali istituzioni culturali cittadine.
L’esposizione, curata da Evgenia Petrova e Joseph Kiblitsky, presenta oltre 70 opere di artisti quali Nathan Alt’man, Natal’ja Gončarova, Kazimir Malevič, Vasilij Kandinskij, Marc Chagall, Valentin Serov, Aleksandr Rodčenko e molti altri. L’obiettivo dei curatori è richiamare l’attenzione del pubblico anche su nomi come Il’ja Repin o Kuzma Petrov-Vodkin o Boris Kustodiev, rimasti un po’ nell’ombra di altri maestri.
Le avanguardie russe precedettero la Rivoluzione di ottobre del 1917, ne furono coinvolte e per un decennio ne condivisero le idee. Molti artisti, poeti e intellettuali, infatti, avevano partecipato all’insurrezione del 1905 (come testimonia in mostra 17 ottobre 1905, del 1907, di Il’ja Repin) repressa dallo zarismo: quel momento segnò una cesura rispetto alla tradizione culturale del realismo. La rivoluzione vittoriosa diventò un un punto di riferimento per artisti provenienti da svariati indirizzi formalistici e d’avanguardia.
Kazimir Malevič, il più drastico degli innovatori, già prima del ’17 aveva proclamato la supremazia della pura sensibilità su ogni realismo: il Quadrato nero, il Quadrato rosso (Realismo pittorico di contadina in due dimensioni), la Croce nera, il Cerchio nero erano le sue nuove icone.
Michail Larionov e sua moglie Natal’ja Gončarova aprirono il primo capitolo delle avanguardie russe. Tra il 1912 e 1913, Larionov attingendo al futurismo italiano e al cubismo francese, fondò il Raggismo, primo movimento russo di arte non figurativa; le sue opere sono accostate a quelle di Vasilij Kandinskij, di cui sono presenti Su bianco (I) del 1920 e Crepuscolare del 1917. Gončarova, invece, cominciò con temi popolari in uno stile neoprimitivo, caratterizzato dal recupero di motivi del folclore e dell’artigianato, come testimoniato da Contadini. Frammento dal polittico “La vendemmia” e da Lavandaie (1911). Del Primitivismo fece parte anche Aleksandr Drevin di cui si espone La cena del (1915).
Gončarova fu la prima delle artiste e scrittrici protagoniste delle avanguardie russe. Tra le altre Ljubov’ Popova, in mostra con il suo Architettonica pittorica (1916), Ol’ga Rozanova, moglie del poeta Alexei Kruchënych col suo Composizione non-oggettiva (Suprematismo) del 1916 circa, Sof’ja Dymšits-Tolstaja, sposata con l’architetto tedesco Hermann Pesatti, e affine alle tematiche di Rodčenko, con i vetri di propaganda Il fondamento della Rsfsr è il lavoro, La pace alle capanne, la guerra ai palazzi e Proletari di tutto il mondo, unitevi! (1919-21).
Tappa fondamentale, nel 1915, la mostra “010” in cui esposero Kazimir Malevič e Vladimir Tatlin. Il primo dipinse le scene e i costumi dello spettacolo Vittoria sul Sole, le cui musiche erano di Michail Matjušin: fu attraverso l’astrattismo di Vittoria sul Sole che pervenne alla totale non oggettività: «Avendo disperatamente cercato di liberare l’arte dal mondo oggettivo trovai rifugio nella forma del quadrato», dichiarò, sancendo la nascita del Suprematismo. La teoria suprematista ebbe numerosi adepti, anche grazie all’esperienza di insegnamento di Malevič all’Accademia di Belle Arti di Vitebsk, chiamato dal direttore Marc Chagall, col cui lirismo però entrò in rotta di collisione, come testimonia La passeggiata del 1917. Malevič si scontrò anche con Tatlin, che intendeva l’arte come una libera ricerca sulle proprietà astratte di superfici, linee, colori e materiali e voleva applicarla ai bisogni sociali e industriali, integrandola con l’architettura e il design, dando vita al Costruttivismo. Tatlin e i suoi seguaci propugnavano l’abolizione dell’arte come tale, considerandola un estetismo borghese superato e incitavano gli artisti a dedicarsi a un’attività utile alla società, dedicandosi a quelle forme che avessero rapporto con la vita: pubblicità, composizione tipografica, architettura, produzione industriale. Sotto questo aspetto si può dire che Tatlin fu un pioniere dell’industrial design.
«Al di sopra delle tempeste del nostro vivere quotidiano, al di sopra delle terre abbandonate e delle ceneri del passato, innanzi alla porta del futuro non ancora costruito, noi annunciamo a voi, pittori, scultori, musicisti, poeti, a voi uomini per i quali l’arte non è soltanto un oggetto di conversazione, ma fonte reale di gioia, la nostra parola e opera». Sono queste le parole iniziali del Manifesto del Realismo dei fratelli Naum Gabo e Anton Pevsner, firmato nell’agosto 1920, che chiamarono Realismo la loro versione del Costruttivismo per sottolineare il legame con la realtà politica.
La rivoluzione aveva generato due opposte fazioni: da un lato gli artisti che seguirono i due capofila Malevič e Tatlin; dall’altro gli artisti del ritorno all’ordine. Tra i primi rientrano Aleksandr Rodčenko con le sue composizioni spaziali e i dipinti non oggettivi come Non-oggettivo (Composizione n. 56) e Non-oggettivo (Composizione n. 53) del 1918, e l’allievo Vladimir Stenberg, che utilizzò diversi media, presente con Costruzione di colore Nº 4 del 1920. A questo gruppo appartengono anche il regista cinematografico Sergej Eisenstein e il regista teatrale Vsevolod Mejerchol’d, il cui ritratto ad opera di Boris Grigor’ev è esposto in mostra. L’altra fazione comprende gli artisti che scelsero di tornare al linguaggio figurativo come Kuzma Petrov-Vodkin, presente con Sulla linea del fuoco (1916), Operai (1926) e Fantasia (1925), e Boris Kustodiev, con La moglie del mercante (1915) e Festa in onore del II Congresso dell’Internazionale comunista del 19 luglio 1920. Dimostrazione sulla piazza Uritskij (1921).
Inizia il cammino all’indietro dell’avanguardia e l’avvento del Realismo socialista. Tra i principali rappresentanti figurano Isaak Brodskij, presente con Consegna della bandiera dei comunardi parigini agli operai moscoviti sul campo Chodynka a Mosca (1932); Vasilij Kuptsov, con Maksim Gor’kij e Tupolev ANT-20; Vera Muchina scultrice de L’operaio e la kolchoziana (1936) e Vladimir Malagis, autore di Si ascolta l’intervento di I.V. Stalin (1933). Il Realismo socialista venne decretato dall’associazione degli artisti proletari nei primi anni Trenta come unica e sola forma d’arte accettata, assai diversa da quella di pittori che non abbandonarono mai il figurativismo e il realismo negli anni delle avanguardie come per esempio Valentin Serov, di cui è esposto Ida Rubinštein (1910); Zinaida Serebrjakova, pittrice di Banja (1913), e Il’ja Maškov, allievo di Serov, presente con Pani. Natura morta (1912).
