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13/4/2010
Peggy in sala da pranzo, sopra il caminetto si distinguono Il clarinetto di Georges Braque (1912) e Maiastra di Constantin Brancusi (1912).1958. Peggy Guggenheim Collection Archives. Omaggio di Giovanni e Anna Rosa Cotroneo, 2010
Le foto di Nino Migliori dono per i trent’anni della Collezione Peggy Guggenheim
Dodici scatti in bianco e nero entrano a far parte della prestigiosa raccolta di Palazzo Venier dei Leoni, a Venezia. Un ricco programma espositivo celebra i tre decenni di attività
Ogni estate, dal 1951 al 1979, Peggy Guggenheim apriva al pubblico la propria collezione d’arte
moderna. Durante la Pasqua del 1980, pochi mesi dopo la scomparsa della mecenate, avvenuta il 23
dicembre del 1979, Palazzo Venier dei Leoni riapriva ufficialmente le proprie porte, sotto la
gestione della Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, diventando il museo più importante in Italia per l'arte europea e americana della prima metà del
ventesimo. Nel 2010 la Collezione Peggy Guggenheim festeggia il suo trentesimo anno di vita con una serie di appuntamenti, iniziative ed eventi,
portando avanti quello spirito di apertura e innovazione, che ha sempre contraddistinto l’ultima dogaressa Peggy Guggenheim.
Tra questi eventi, fino al 27 di luglio, il museo accoglie una nuova, importante donazione da parte di Giovanni e Anna Rosa Cotroneo, dodici memorabili scatti in
cui Nino Migliori immortalò Peggy nella sua dimora veneziana nel 1958. Le dodici immagini del noto fotografo bolognese saranno esposte sulla
terrazza del Museum Cafè, in occasione di “Peggy in Venice. Photographed by Nino Migliori”, una galleria fotografica unica,
rigorosamente in bianco e nero, che porterà i visitatori a scoprire e condividere alcuni momenti
della quotidianità veneziana vissuta da Peggy.
Nel 1958, Peggy Guggenheim si fa ritrarre dal celebre fotografo tra le mura domestiche di Palazzo Venier dei Leoni, in quello che, subito dopo la sua scomparsa, sarebbe
diventato la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Inseguendo la sua vivace curiosità
intellettuale, sul finire degli anni Cinquanta, Nino Migliori sosta a lungo nell’ambiente
veneziano, frequentando artisti come Emilio Vedova, Tancredi Parmeggiani, Giuseppe Santomaso, Virgilio Guidi e occasionalmente anche Peggy Guggenheim, punto di riferimento per
i pittori astratti italiani del periodo post bellico, come appunto Vedova e Tancredi.
Migliori è tra i pochi che con le sue sperimentazioni off camera della fine degli anni Quaranta potrebbe appieno essere definito un fotografo “espressionista astratto”, capace di raggiungere, attraverso la specificità degli elementi fondanti e costitutivi della fotografia, un’astrazione davvero pura e dunque vicina alla sensibilità modernista che impregna la collezione del Guggenheim veneziano. Ciò nonostante, nel 1958, arriva di fronte a Peggy passando per la porta schiettamente fotografica della figurazione. «La casa era veramente diversa da tutte quelle che ero solito frequentare» ricorda Migliori, «[…] si adattava proprio come un abito a Peggy, dalla personalità determinata e mutevole, enigmatica e prevedibile allo stesso tempo. Le opere d’arte non erano appese ad un muro per decorare, ma facevano parte di un tutt’uno e si trasformavano in ambiente creando in me forti emozioni e suggestioni». È così che nascono queste raffinate fotografie in bianco e nero che raffigurano la collezionista nella sua amata magione veneziana, tra le pareti intime di quegli ambienti a lei quotidiani, con alcuni dei suoi oggetti personali che si stagliano sullo sfondo come frammenti d’esistenza e testimonianza della sua lungimiranza nell’ambito della cultura artistica d’avanguardia. Eccola così presentarsi in queste immagini con degli incredibili “biglietti da visita” che incorniciano la sua figura: dalla testiera del letto, realizzata da Alexander Calder, ai primi dripping di Jackson Pollock – al tempo appena intravisti in Italia – fino ai vari Braque o Brancusi, esposti con invidiabile nonchalance.
Dal 1° di maggio al 25 luglio, il museo presenta “Utopia Matters. Dalle confraternite al Bauhaus”, a cura di Vivien Greene, che prende in esame il concetto di utopia e ne analizza l’evoluzione nel pensiero e nella pratica artistica occidentale moderna, attraverso una serie di casi studio internazionali dagli inizi del XIX secolo al 1933 – anno in cui l’influenza del fascismo e dello stalinismo pose un freno a tali progetti. Tra i movimenti rappresentati Les Barbus, William Morris and Arts and Crafts, la Cornish Colony, il Neo-Impressionismo, De Stijl, il Costruttivismo russo. La mostra è organizzata in collaborazione con il Deutsche Guggenheim di Berlino, dove sarà esposta dal 22 gennaio al 11 aprile 2010.
Migliori è tra i pochi che con le sue sperimentazioni off camera della fine degli anni Quaranta potrebbe appieno essere definito un fotografo “espressionista astratto”, capace di raggiungere, attraverso la specificità degli elementi fondanti e costitutivi della fotografia, un’astrazione davvero pura e dunque vicina alla sensibilità modernista che impregna la collezione del Guggenheim veneziano. Ciò nonostante, nel 1958, arriva di fronte a Peggy passando per la porta schiettamente fotografica della figurazione. «La casa era veramente diversa da tutte quelle che ero solito frequentare» ricorda Migliori, «[…] si adattava proprio come un abito a Peggy, dalla personalità determinata e mutevole, enigmatica e prevedibile allo stesso tempo. Le opere d’arte non erano appese ad un muro per decorare, ma facevano parte di un tutt’uno e si trasformavano in ambiente creando in me forti emozioni e suggestioni». È così che nascono queste raffinate fotografie in bianco e nero che raffigurano la collezionista nella sua amata magione veneziana, tra le pareti intime di quegli ambienti a lei quotidiani, con alcuni dei suoi oggetti personali che si stagliano sullo sfondo come frammenti d’esistenza e testimonianza della sua lungimiranza nell’ambito della cultura artistica d’avanguardia. Eccola così presentarsi in queste immagini con degli incredibili “biglietti da visita” che incorniciano la sua figura: dalla testiera del letto, realizzata da Alexander Calder, ai primi dripping di Jackson Pollock – al tempo appena intravisti in Italia – fino ai vari Braque o Brancusi, esposti con invidiabile nonchalance.
Dal 1° di maggio al 25 luglio, il museo presenta “Utopia Matters. Dalle confraternite al Bauhaus”, a cura di Vivien Greene, che prende in esame il concetto di utopia e ne analizza l’evoluzione nel pensiero e nella pratica artistica occidentale moderna, attraverso una serie di casi studio internazionali dagli inizi del XIX secolo al 1933 – anno in cui l’influenza del fascismo e dello stalinismo pose un freno a tali progetti. Tra i movimenti rappresentati Les Barbus, William Morris and Arts and Crafts, la Cornish Colony, il Neo-Impressionismo, De Stijl, il Costruttivismo russo. La mostra è organizzata in collaborazione con il Deutsche Guggenheim di Berlino, dove sarà esposta dal 22 gennaio al 11 aprile 2010.
Dal 4 settembre al 9 gennaio 2011, il museo celebra Adolph Gottlieb (1903-1974), con la prima retrospettiva in Italia dedicata all’opera dell’artista
americano, dai lavori iniziali d’influenza surrealista, all’approdo all’espressionismo e all’a
strattismo. La sua popolarità deriva in primis dall’aver inventato un linguaggio visivo privo di
simboli storicizzati, un codice più universale ed essenziale di qualsiasi altro linguaggio scritto.
Le sue Pittografie sono caratterizzate da simboli di aspetto arcaico collocati in griglie irregolari, mentre i suoi Bursts e Landscapes si distinguono per essere simboli di una forma cosmica e universale, oltre che
opere di grande valore estetico. In mostra saranno inoltre presenti schizzi, stampe e sculture. La
rassegna è organizzata in collaborazione con la Fondazione Adolph and Esther Gottlieb di New
York e l’American Contemporary Art Gallery du Monaco.
Infine, fuori sede, fino al 30 maggio 2010 presso Arca - ex Chiesa di San Marco a Vercelli, la mostra “Peggy e Solomon R. Guggenheim. Le avanguardie dell’astrazione”. L’acceso dialogo tra figura e astrazione ha costituito la diatriba centrale della
sperimentazione artistica durante tutta la prima metà del XX secolo. Centrali in questo dibattito,
si inseriscono due figure della famiglia Guggenheim, Solomon R. Guggenheim e la nipote Peggy. La mostra unisce per la prima volta
questi due grandi rami, in una sorta di percorso per icone e capolavori che attraversano tutto ciò
che quella diatriba ha generato. I due Guggenheim hanno in comune un grande amore, quello per la
grande scuola europea dell’astrazione e per alcuni eroi di questa tendenza, come Vasily Kandinsky e Piet Mondrian. La mostra intende restituire per la prima volta
al pubblico europeo questa piacevole tenzone tra zio e nipote, presentando un percorso che si
svolge, attraverso confronti e sviluppi cronologici, tra le più grandi figure della storia dell’a
rte del XX secolo.
