Rovine di Hippónion, Vibo Valentia
Tipo:
Oggetto fisico
Categoria:
Beni archeologici
Classificazione secondo la graduatoria Guida Rossa TCI: *
Nella zona del Belvedere Grande Paolo Orsi scoprì nel 1916 lo stilobate di un tempio dorico periptero in antis (fine sec. VI o principio del V a.C.), che segnalava la città ai naviganti. Della polis greca è possibile oggi osservare la cinta difensiva. Il ritrovamento, in località Trappeto Vecchio, nelle vicinanze dell'attuale cimitero, si deve all'archeologo Paolo Orsi che, nel 1921, portò alla luce un lungo e monumentale tratto delle mura di Hipponion, già descritte in gran parte da Vito Capialbi nei primi anni dell'800. L'Orsi mise in luce cinque torri circolari su base quadrata raccordate tra loro attraverso lunghi tratti rettilinei. Il materiale impiegato per la costruzione è l'arenaria tenera locale, tagliata in grandi blocchi regolari, giustapposti senza l'uso di legante (opera isodoma). L'archeologo aveva individuato anche una porta sbarrata per motivi di sicurezza nel corso del V sec. a.C., e alcune postierle (ingressi di piccole dimensioni) tuttora visibili in loco. Gli scavi più recenti hanno messo in luce un breve tratto murario realizzato in mattoni crudi, cioè con un impasto di fango e paglia lasciato asciugare al sole; la costruzione impiega la stessa tecnica e gli stessi materiali utilizzati fino all'inizio di questo secolo nelle campagne calabresi per la costruzione delle case coloniche. La datazione delle mura hipponiati è stata fissata tra il VI e il III sec. a.C., e sono state individuate almeno quattro fasi costruttive, di cui quella realizzata in mattoni crudi è la più antica. Nel 1916 Paolo Orsi scavò i resti del basamento di un tempio dorico e ipotizzò che i Greci avessero eretto un tempio che sarebbe stato scorto da grande distanza dalle navi veleggianti nel Tirreno. Il monumento è ubicato in un punto molto panoramico di Vibo Valentia, al margine della piazza d'armi e dell'altopiano che qui scende alla marina e abbraccia l'immensa distesa di coste che dal cono dell'Etna corre sino a Capo Palinuro. L'edificio sacro, costruito con calcare di buona qualità, era periptero (circondato da un colonnato), con la cella (parte interna) tripartita secondo il modo canonico in pronaos (atrio che precede la cella), naòs (cella), adyton (parte retrostante la cella) molto profondo; le sue proporzioni non trovano confronto nel panorama architettonico magnogreco di età classica. Molto poco resta del tempio se si escludono alcuni materiali decorativi della copertura (sima e cassetta) e i resti della gronda laterale con gocciolatoi a testa leonina (tutti i materiali sono esposti al Museo Archeologico Nazionale di Reggio di Calabria). La datazione degli elementi del tetto è stata fissata al VI sec. a.C., ma non è prudente estendere questa cronologia a tutto il tempio in mancanza di dati stratigrafici. Un'indagine recente ha evidenziato la presenza di fosse votive e di un'altra probabile costruzione sacra, in un'area limitrofa al tempio rinvenuto dall'Orsi. Altre aree sacre. Al momento non visitabili per motivi di tutela e conservazione, sono state rinvenute in località Cofino, Cordopatri e Scrimbia. A Cofino sono stati portati alla luce i resti di un tempio ionico (fine V-inizi IV sec. a.C.). Sono stati ritrovati due depositi sacri, uno individuato da strutture e l'altro da statuette raffiguranti Demetra, madre di Persefone, con i tradizionali attributi del porcellino e della fiaccola a croce. Il santuario ubicato sull'altura del Cofino fu utilizzato dalla fine del VI sec. a.C. e almeno fino al IV sec. a.C.; il sito sembra essere stato abbandonato in pieno periodo romano, quando nella zona furono costruite alcune abitazioni. In località Cava Cordopatri, denominata in antico anche Contura del Castello, una collinetta dal dolce pendio ubicata nelle immediate vicinanze del Castello normanno-svevo, l'Orsi rinvenne un piccolo tempio (naiskos) databile al V sec. a.C. Scrimbia è la più ricca delle aree sacre hipponiati. Gli oggetti rinvenuti sono ex voto donati alla divinità per ottenerne la benevolenza: oggetti da toeletta, grandi e piccoli vasi, statuette di dei o di devoti che portano animaletti, fiori, piccoli piatti ecc., o raffiguranti torelli che rappresentano le risorse della natura. Sono presenti anche i pinakes (tavolette di terracotta riconducibili al culto di Persefone). La caratteristica principale di questa stipe (deposito) sono senz'altro i materiali in bronzo, come calderoni e soprattutto parti di armature (elmi, cinturoni, scudi, schinieri talvolta con iscrizioni), tutte finemente decorate, che testimoniano l'alto livello artistico raggiunto dagli artigiani hipponiati. La cronologia della stipe è stata fissata tra la fine del VII sec. a.C. e il V sec. a.C.. Oltre a Kore-Persefone, sicuramente è presente anche il culto di una divinità maschile, nominato con l'appellativo di «colui che assale in guerra» (Hades?) come testimoniano le armature in bronzo riferite a un dio guerriero. Valentia romana. Del municipium romano al momento è possibile visitare un settore dell'abitato in località Sant'Aloe,
Ambito geografico:
viale della Pace - Vibo Valentia (VV)